L’eccidio del 27 Aprile 1945 a Endine Gaiano

Il 27 aprile, di prima mattina, giunse la notizia che un’autocolonna tedesca in ritirata – più di cento mezzi proveniente da Bergamo e diretta verso il Brennero, stava avvicinandosi a Endine; risalendo la Valle Cavallina lungo la strada del Tonale, si era già resa protagonista di episodi violenti, causando vittime anche tra la popolazione civile. I partigiani rimasti in paese, radunati in località “Basso”, ricevettero l’ordine da Brach di nascondersi e di non sparare, per non scatenare la reazione tedesca.
La stessa raccomandazione a mantenere la calma e a “ritirarsi nelle proprie case” venne rivolta alla popolazione. Ma poco prima che la colonna raggiungesse Endine, un individuo, qualificatosi per comandante dei patrioti di Casazza, insistendo affinchè la colonna fosse affrontata, si mise a sparare con un’automatica, creando allarme tra le file tedesche: poco oltre, mentre i tedeschi stavano avanzando verso l’abitato, un altro individuo, dall’alto della sua villetta sovrastante la strada nazionale, lanciò contro la colonna una bomba a mano, colpendo il primo mezzo, facendolo ribaltare e causando, pare, la morte di almeno un
soldato. La reazione tedesca fu immediata e feroce. Dopo un conflitto a fuoco di circa un’ora, i civili si ritirarono nelle loro case ed i partigiani lasciarono il Paese per rifugiarsi in montagna e per evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Furono nove le vittime della repressione tedesca, che colpì, secondo una tecnica tristemente nota, indiscriminatamente la popolazione civile, seminando terrore nel paese di Endine Gaiano:

  • Giovanni Zanni, trucidato nella sua abitazione, insieme ai due giovanissimi Angela Meni e Angelo Vitali; nato il 31-08-1915 a Goold Feil in India, di anni 29, coniugato con un figlio, ucciso dai nazi-tedeschi per rappresaglia contro i partigiani.
  • Angela Meni, nata l’8-5-1927, di anni 17, operaia.
  • Angelo Vitali, scolaro di dodici anni, si era rifugiato proprio in quella casa per sfuggire ai tedeschi; nato il 1-11-1932, frequentava la quarta elementare.
  • Remigio Pavioni, nato il 31-03-1913, di anni 32, muratore.
  • Bernardo Giovanbattista Zambetti, combattente della Grande guerra; nato il 2-09-1895, di anni 49, capo montatore impianti linee elettriche di alta tensione, soldato in fanteria con il grado di sergente sul fronte europeo e per 18 mesi prigioniero in Austria nella prima guerra mondiale, ucciso dai tedeschi mentre aiutava i partigiani nel combattimento.
  • Camillo Vitali, fruttivendolo, aveva prestato serviz.io militare in Albania ed in Grecia, nato il 27-08-1911, di anni 33, rientrato in Italia per malaria, in aiuto ai partigiani rimaneva ucciso dai tedeschi
  • Remigio Elia Ghitti, capo minatore, fervente antifascista, dopo l’8 settembre aveva dato ospitalità ed aiutato numerosi prigionieri fuggiaschi, nato il 20-07-1888, di anni 56, per 12 anni minatore in America e per altri 17 anni in India, aggregatosi come volontario alla 53a Brigata Garibaldi di Lovere nelle giornate del 26 e 27 aprile del 1945, già prigioniero nelle carceri fasciste di Lovere dal 15 al 22 ottobre 1944.
  • Andrea Zubani, nato il 21-11-1926 a Villa Marmentino in provincia di Brescia e residente a Castro, di anni 18, di professone aiuto chimico, partigiano della 53a Brigata Garibaldi di Lovere sin dal 25 giugno 1944.
  • Pietro Colombi di Valmaggiore, nato 8-5-1921, di anni 23, contadino, partigiano dal giugno 1944 prima nelle Fiamme Verdi e poi nella 53a Brigata Garibaldi di Lovere.

Alcuni edifici furono bruciati, altri devastati: I tedeschi presero poi in ostaggio numerosi endinesi, minacciando di usarli come “scudi umani” nel proseguimento della ritirata.
Cominciarono quindi le difficili trattative per salvare gli ostaggi e per evitare un’ulteriore devastazione del paese. Quando la colonna, dopo le assicurazioni ricevute di potere proseguire indisturbata, lasciò Endine, alla popolazione terrorizzata non rimase che raccogliere i propri morti e feriti. Nei giorni successivi si svolsero i funerali degli endinesi uccisi con la partecipazione di tutta la popolazione ancora costernata per la tragedia che aveva colpito Endine in un momento che avrebbe dovuto essere di gioia, di esultanza e
riscatto delle tante sofferenze subite.

Tratto dal libro “Endine Gaiano, 27 aprile 1945” di Oriella Della Torre, Editore Il Filo di Arianna, 2003, che si può leggere in formato pdf (36,5 Mb)
In quest’ora di letizia, ricordiamo riverenti e commossi innanzitutto l’avanguardia generosa dei nostri martiri, dei nostri caduti e porgiamo l’entusiastico saluto ai valorosi volontari della 53a Brigata Garibaldi, i quali, con i loro sacrifici e il loro eroismo, hanno preparato la Liberazione.
Un mondo deprecato ed umiliante è morto; sulle immani rovine morali e materiali, il popolo lavoratore si accinge, senza incertezze, alla nuova edificazione. Perché la tragica passata esperienza non sia vana, perché le speranze e le aspirazioni non siano deluse, perché non si rinnovino i nodi e le cause che portarono alla guerra e alla catastrofe, occorre che la ricostruzione sia opera di Popolo.…”
Dal discorso del 1 maggio 1945 del sindaco di Lovere Capitanio Michele.

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